VEGLIA
VEGLIA di Giovanni Tabacchiera La lama di luce attraversa il pavimento, lambisce le gambe del tavolo, scopre i bordi del tuo piede scalzo, l’altro indossa ancora la scarpa col tacco largo, quelle che mettevi per le serate importanti. Il resto del corpo è trincerato nella penombra della cucina dove ti ho atteso in silenzio, contando i minuti, il rumore meccanico dell’ascensore, facen-domi sobbalzare ad ogni chiamata. Ho lasciato giusto uno spiraglio della porta del frigo aperto. Non sopportavo l’idea di rimanere lì, accanto a te, immerso nella densa oscurità della notte. Anche le chiazze di sangue hanno assunto un colore più opaco, meno macabro, più vicino al grigio cenere delle mattonelle. E ora me ne sto qui a guardarti, amore, meravigliato dalla tua apparente flessuosità, nonostante il tuo corpo inerte, spoglio di pulsazioni, suoni, ricordi. Disabitato. Ho suonato. Non posseggo le chiavi, hai fatto pure cambiare la serratura. Sapevo che eri a fare ser...