La guerra non si ferma
Afghanistan
Marco
Puntin – Emergency
83.000 persone testate per il
coronavirus in totale, su una popolazione di 38 milioni.
Fin dai primi giorni di marzo, quando
l’emergenza sanitaria per il Covid-19 è diventata pandemia globale, abbiamo
monitorato ogni piccolo segnale che potesse coinvolgere l’Afghanistan. Abbiamo
da subito temuto i possibili effetti della pandemia in un Paese come questo,
dove la guerra non si è mai fermata e il sistema sanitario è estremamente
debole.
Per tutelare il nostro staff e i nostri
pazienti, abbiamo subito riorganizzato le attività dei nostri ospedali così da
adeguare le procedure di igiene e sanificazione, introdurre regole di
compartimentazione, definire al meglio le misure di prevenzione e tutti i
flussi di sporco-pulito.
I dati disponibili a metà luglio
parlano di poco più di 35 mila persone contagiate e circa 1.100 deceduti a
livello nazionale. La situazione sarebbe sotto controllo se non fosse ch questi
dati sottostimano i numeri reali di morti e contagiati, a causa dell’assenza di
registri nazionali di decessi e del numero limitato di persone sottoposte al
tampone – solo 83 mila su una popolazione di 38 milioni.
A giugno, il ministro della sanità
afgano ha dichiarato che il sistema sanitario pubblico non era più in grado di
testare la popolazione a causa della carenza di tamponi; da quel momento gli
afgani avrebbero dovuto rivolgersi a laboratori privati, dove i test sono
disponibili soltanto a pagamento. Molti ospedali e strutture sanitarie non
hanno i dispositivi di protezione necessari e il personale medico non è
sufficientemente formato.
Mentre la preoccupazione per il
Covid-19 cresceva, la guerra nel Paese non si è mai fermata. Se all’inizio dell’anno
gli accordi di pace tra gli americani e i Talebani avevano portato a una
temporanea riduzione della violenza – circa l’80 % in meno di episodi di
violenza rispetto alla media dei mesi precedenti – poco dopo la firma del 28
febbraio 2020, gli attacchi sono ripartiti in tutto il Paese. Come ogni anno,
con l’arrivo della primavera, la guerriglia e le operazioni militari
governative si sono intensificate e anche l’estate ha già registrato un aumento
della violenza in diverse province del Paese.
La mattina di lunedì 29 giugno diversi
colpi di mortaio hanno colpito la zona del vecchio bazaar della cittadina di
Sangin, nella provincia dell’Helmand. Sembrava un lunedì come tanti altri in
cui pastori, venditori ambulanti, agricoltori e commercianti si radunano per
vendere: c’era chi beveva il tè, chi comprava bestiame, i bambini che giocavano
attorno agli adulti, qualche litigio tra commercianti e tutto questo in un
istante si è tramutato in un orrore fatto di polvere, sangue e grida di
disperazione. L’attentato ha causato oltre 40 vittime, di cui 20 morti e 23
feriti portati al nostro Posto di primo soccorso (FAP) di Sangin. Gli
infermieri del FAP hanno ragito immediatamente e in pochi minuti si sono
organizzati per gestire la situazione: stabilizzare i feriti e trasferirli nel
minor tempo possibile all’ospedale di Lashkar-gah. Allontano dalla mente le
immaginio dell’attentato che mi hanno raccontato e lascio spazio all’orgoglio
che provo per questi ragazzi.
Li abbiamo formati noi lo scorso anno,
in vista della riapertura del FAp dopo anni di chiusura; era stato distrutto
dai bombardamenti come quasi tutto il centro cittadino. Oggi che si trovano di
fronte all’emergenza continua della guerra, non posso che pensare: bravi
ragazzi, siate orgogliosi di voi!
N°
96 di EMERGENCY, settembre 2020 Tiratura 146.700 copie, di cui 120.000 spedite
ai sostenitori Direttore Gino Strada Direttore responsabile Roberto Satolli
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