MELARA REBELDE, laboratorio collettivo di lotte contro il carbone


Hernan Chavar - Quarto stato


Massimo Lombardi


Primi anni 80, Massimo entra per la prima volta alla Scuola Media "Carlo Cattaneo" di Melara, banco in prima fila a fianco della finestra, guarda fuori, ci sono il sole e quattro ciminiere che fumano.

 

Poco distante Mariella ritira il bucato dalla finestra... è tutto a pallini gialli, come il davanzale immerso completamente nella polvere.

 

Alla panchina di Via dei Pini, Pino illustra ad Alberto, il postino "rosso", gli effetti nocivi che la combustione del carbone produce sulla salute di chi abita sotto le ciminiere, ma anche di chi è lontano, "poiché i venti trasportano polveri anche nei borghi estremi del Golfo dei Poeti".

 

Roberto, Stefano e Marco costruiscono la vertenza ambientale e una mobilitazione senza precedenti, con migliaia di spezzini in corteo e molti di più dalla loro parte, fino a vincere il referendum.

 

Aldo sindacalista cerca di coniugare l'ambiente e il lavoro, "la salute è un bene di tutti", dagli operai ai cittadini, mentre Aquilotto e Aquila Rossa salgono sulle ciminiere e issano uno striscione in cui chiedono rispetto per i diritti e l'ambientalizzazione.

 

Una moltitudine di uomini e donne che, su fronti diversi, hanno lottato perché il carbone non impattasse e producesse danni irreversibili sull'integrità fisica dei cittadini spezzini.

 

Con gli anni e il ridursi del numero delle ciminiere il movimento ambientalista manteneva sempre ferma la propria mobilitazione, prendendo nuovo slancio una decina di anni fa con il "Comitato Spezia via dal Carbone", con Daniela, Roberto, Alessandro e Marco a rilanciare forme di mobilitazione contro il carbone, cortei, esposti in Procura, incontri pubblici.

 

L'ISPRA era netto nel fotografare l'impatto devastante che la combustione del carbone riverbera sulla salute, e indicava in centinaia le morti e le gravi malattie a ciò riconducibili sia polmonari sia cardiovascolari.

 

Purtroppo questo grido d'allarme è stato ed è ancora vano.

 

Spezia vanta un credito enorme nei confronti di Enel ed è venuto il momento in cui la città passi a riscuoterlo.

 

Non ci possono essere più incertezze, né balletti della politica, nel fermare il carbone, ma questo passo importante non è l'unico da fare, poiché essenziale è la successiva bonifica dell'intera area... e la deve eseguire chi ha arrecato nocumento.

 

Enel deve essere "inchiodata" a farlo, senza se e senza ma.

 

Nel frattempo deve essere affrontata e risolta positivamente l'occupazione dei dipendenti elettrici rimasti, ponendo fine a un'incertezza che grava su di loro e sulle loro famiglie, da troppo tempo.

 

Il destino dell'area da bonificare dev'essere al centro di una valutazione globale dell'intero territorio spezzino, in una visione strategica che guardi al futuro e provi con coraggio a ridisegnarlo. Questa progettazione non può essere affrontata in maniera parcellizzata, ma si dovrà fare in modo complessivo.

 

Priorità assoluta è quella di una visione di prospettiva, verso Spezia 2030, con una strategia che sappia coniugare la vocazione turistica con quella economica e industriale pulita, per non intaccare mai più la salute di un'intera città che ha versato troppe lacrime per scelte strategiche senza scrupoli.

 

Se così non avverrà, se la politica continuerà a essere sottomessa all'interesse di pochi, a discapito della tutela dei diritti di molti, credo che toccherà ancora a loro - come insegnava Pino Malagamba - rimettersi a compiere un'analisi seria delle carte, degli atti e dei documenti, studiarli e poi renderli comprensibili ai cittadini per costruire una nuova mobilitazione collettiva.

 

Da vincere.





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