I giochi di Miroslav

Miroslav è il nome slavo per “Mirko” e significa “portatore di pace”. Lo scoprii da una ricerca che feci sul suo nome. Una mia mania ereditata da mia madre che aveva un libro sul significato dei nomi. Lo comprò prima che nascessi, per farsi un’idea sulla scelta del mio. Lo accantonò presto perché, mentre proseguiva la gravidanza, conobbe un bambino che forse avrà avuto solo sei anni e che le raccontò la storia di Cristoforo Colombo così bene che, alla fine del suo racconto, lei gli chiese il nome: “Paolo”. In quel momento decise che quello sarebbe stato il mio nome. Le piaceva l’apostolo, un grande cristiano, con una storia avventurosa, a partire dalla conversione. Il significato del mio nome è “piccolo” ma lei ci vide invece una grandezza che si sarebbe realizzata. Mi piace qui ricordare il suo nome: “Alessandra”, che deriva dal greco Aléxandros ed è composto dal verbo Aléxein, 'proteggere, difendere', e dal sostantivo Andròs, 'uomo'. Garantisco che mantenne fede al proprio nome, avendo cura dei figli, del marito e di molti bambini che le furono affidati poiché era maestra. Non mi era chiaro, invece, come Miroslav intendesse tener fede al proprio nome. 

Da lui traspariva un equilibrio che costantemente ricercava, tramite le pratiche fisiche e mentali, come la musica, appunto, e pure il gioco. Io gli facevo da partner molto volentieri, anche se, inizialmente, ero una schiappa. 

M’insegnò una linea di giochi che avevano alla base la teoria dei vettori, che si studiano in Geometria. Si ambientavano nel mondo degli sport che avevano alla base la velocità. Ne cito due: la Formula uno e lo slalom o la discesa libera, come variante. Il più facile da imparare è quello della discesa libera. Poi, il più divertente è quello della Formula uno e, infine, il più complicato, quello dello slalom, con l’ulteriore variante del doppio slalom. Tre parole so’ troppe, due so’ poche: va disegnato il percorso, che delimita il campo di gara o il circuito (nello slalom si disegnano le porte agli incroci di un foglio a quadretti), mentre nel doppio slalom i due percorsi affiancati devono essere perfettamente identici. 

Dalla linea di partenza parte il primo sorteggiato con velocità da (x0+0, y0+0) a (x1, y1) (x0±1, y0±1) e si prosegue sempre con (xn, yn) (x(n+1)±1, y(n+1)±1). In termini non matematici, s’incrementa o diminuisce la velocità del vettore nelle due dimensioni, determinando nella risultante la direzione e il verso. Si realizza un grafico molto veloce nella discesa libera, in cui vince chi taglia per primo la linea del traguardo, considerando il numero dei segmenti delle velocità (chi ne esegue di meno ha vinto). La discesa libera dà l’ebbrezza di grandi velocità ma è meno appassionante. La Formula uno dipende molto dal disegno del circuito, dalla successione dei rettilinei e dalla larghezza e curvatura delle curve. Sono frequenti gli incidenti, che per fortuna sono solo sul grafico del foglio quadrettato. Si possono stabilire i numeri dei giri ma, per la pulizia del circuito, scegliamo sempre un solo giro ma circuiti sempre più complicati utilizzando fogli quadrettati di formato protocollo. Lo slalom e il doppio slalom sono più difficili ed io, personalmente, li trovo meno emozionanti della Formula uno, che è senz’altro il mio gioco preferito. Vorrei proporre a Miroslav, uno di questi giorni, una versione olimpica del kayak nel campo di gara artificiale con boe, perché prevede in certi casi che vi si debba girare attorno senza toccarle. Questo schema di gioco apparve in Scientific America in uno dei suoi primi numeri e le università di matematica e di fisica lo promuovono tra gli studenti.

Amavamo pure altri giochi del tipo della battaglia navale, che lasciavano una piccola parte al caso, alla fortuna. Miroslav lasciava spazio nella sua vita al caos perché sosteneva che la sua funzione fosse benefica. Ecco un altro spunto per una riflessione. I giochi di territorio che preferivamo erano “Zone X” e “Black box”. Lo Zone X non è un gioco di percorso, ma di ricerca dell’intersezione (o delle intersezioni) di percorsi. L’apparato di gioco, prodotto dalla casa inglese Invicta, la stessa che ha progettato e messo in vendita il Master Mind, è fornito da una scacchiera di 225 (15x15) fori, da un congruo numero di piolini colorati (rossi, blu, verdi, gialli, bianchi e neri) e da una tavoletta che riproduce lo schema della scacchiera. Come si vedrà in seguito, è un gioco che si può fare benissimo con carta e matita. Si gioca in due e vi sono tre livelli possibili di gioco: a ogni livello aumentano le difficoltà.

Primo livello. Un giocatore sceglie sulla tavoletta un punto (che corrisponde a un foro sulla scacchiera) d’intersezione tra una linea verticale e una orizzontale; quindi traccia due rette comunque scelte che passino per quel punto; contrassegna poi le quattro zone con le iniziali dei colori rosso, blu, verde e giallo (R, B, V, e G); nota bene: per ovvie ragioni, il rosso e il blu devono essere sempre contrapposti (vedi illustrazione). L’altro giocatore, che deve individuare il punto d’intersezione delle due rette, comincia dicendo le coordinate di un punto. Otterrà in risposta il nome di un colore e precisamente:

«rosso», «giallo», «blu» o «verde», a seconda che il punto appartenga alla zona di colore rosso, giallo, blu o verde. In questo caso il giocatore pone in quel foro un piolino del colore annunciato;

«nero», significa che il punto appartiene a una delle due rette. Si pone allora nel foro un piolino nero;

«bianco», significa che il punto è esattamente il punto d’intersezione delle due rette e che la partita è finita.



Il punteggio si calcola in termini di penalità: 1 punto per ogni piolino usato, e dopo un egual numero di partite giocate nei due ruoli, chi totalizza meno punti vince.

Secondo livello. Valgono le regole e il modo di calcolare il punteggio già definiti. Solo che, invece di due rette, si gioca con due linee curve.

Terzo livello. E’ il più difficile. Valgono sempre le regole già esposte, ma ora le linee curve possono essere tracciate a piacere. Si possono inizialmente introdurre certe limitazioni, come per esempio che nessuna curva deve essere chiusa (deve cioè sempre entrare e uscire dalla scacchiera); che ogni zona colorata deve contenere almeno due punti; che tra due punti contigui dello schema non possono passare più di due linee; che nel caso in cui i punti d’intersezione siano più d’uno, basta scoprirne uno per terminare la partita. Queste limitazioni possono essere trascurate in parte o totalmente: come suggerimento, consiglio comunque di mantenere sempre la seconda e la terza. Miroslav ed io praticavamo sempre il terzo livello come regola, ma talvolta lui m’ingannava con lo schema più semplice del secondo, perché giocavamo a turno come nella battaglia navale e non tenevamo conto del conteggio dei piolini ma solamente di chi scopriva per primo il piolino bianco. Ci piaceva molto la fase di progettazione dello schema.



Per lo stesso motivo amavamo molto “Black Box” o Scatola nera, secondo la traduzione letterale, che è uno dei giochi che si basano sul pensiero induttivo tipico del procedere scientifico. E anche il nome deriva dalla terminologia scientifica: con «black box» si definisce un qualsiasi oggetto o sistema di cui non si conosce il funzionamento interno ma il cui comportamento può essere descritto da un osservatore esterno.

 

Chi già conosce il Master Mind e il Super Master Mind e si trova tra le mani questo nuovo gioco, non potrà che apprezzarne la maggiore snellezza, eleganza, bellezza e dinamicità. Anche qui si gioca in due; si possono fare però anche solitari utilizzando il supporto del Black Box Game Book, che contiene 80 schemi con relativi dati.

La nostra Scatola Nera è una griglia di 64 (8x8) case, le cui righe e colonne sono numerate da 1 a 32: numeri che servono per individuare ingressi e uscite nelle quattro direzioni possibili. Coinquilini della griglia, nella scatola del gioco, sono:

·         Una tavoletta di plastica che riporta lo schema della griglia;

·         5 biglie d’acciaio, o «atomi», con i quali si costruisce la «molecola» (si gioca con molecole di 4 atomi: il quinto si può usare solo quando si vuol rendere il gioco molto complicato;

·         Una serie di piolini neri, bianchi e a coppie di colore, che servono per contrassegnare ingressi e uscite, o solo ingressi, dei «raggi» inviati nella scatola nera.

Il cammino di un raggio nella scatola nera è determinato dall’eventuale interazione con uno o più atomi. Tre sono le situazioni possibili:

1.    Nessuna interazione. Un raggio che non trova atomi sul suo cammino o non passa loro accanto, continua il suo percorso lungo la riga o la colonna d’ingresso (nell’illustrazione, il raggio che entra in 23 emerge in 2).

2.    Assorbimento semplice. Il raggio che nel cammino colpisce un atomo, viene da questi assorbito, cioè non riemerge dalla scatola nera (per esempio, il raggio che entra in 4).

3.    Deviazione semplice. Il raggio che passa accanto a un atomo, viene deviato a 90° e, se non viene poi assorbito, riemerge dalla scatola nera (nell’illustrazione, il raggio che entra in 13 ed emerge in 7). Da notare il percorso a U del cammino in prossimità dell’atomo.

A questi tre effetti di base, se ne aggiungono altri tre derivanti:

1.    Riflessione semplice. E’ generata da una doppia deviazione, cioè da due deviazioni simultanee: in questo caso il raggio esce sì dalla scatola nera, ma dal punto d’ingresso (nell’illustrazione il raggio che entra in 5).

2.    Riflessione lungo il bordo. Quando un atomo occupa una casa lungo il bordo della griglia e il raggio viene inviato da un punto adiacente, il comportamento a U del cammino dovuto alla deviazione, provoca una riflessione (nell’illustrazione, il raggio che entra in 18).

3.    Assorbimento durante la riflessione. Si verifica quando il raggio trova sul suo cammino due atomi disposti come in figura (raggio in 14). Se non vi fosse l’atomo in colonna 14, il raggio verrebbe semplicemente deviato seguendo la linea tratteggiata; ma la presenza di quest’atomo e la configurazione a U, dovuta alla riflessione, fanno sì che il raggio venga assorbito.


COME SI GIOCA

Uno dei giocatori si segna nascostamente sulla tavoletta di plastica quattro cerchietti (o altro simbolo-totem preferito) in quattro case comunque scelte. L’altro giocatore, che chiameremo «sperimentatore», tanto per continuare la metafora scientifica, deve ricostruire esattamente sulla griglia la molecola costruita dall’altro.

Per raggiungere lo scopo, lo sperimentatore invia dei «raggi» nella scatola nera, cioè annuncia il numero d’ingresso del punto da cui invia il raggio. L’avversario che ha la sua «molecola» ben davanti agli occhi, può rispondere in tre modi diversi dicendo:

·         Un numero, che individua il punto d’uscita del raggio: lo sperimentatore pone ai due punti (ingresso e uscita) due piolini colorati del medesimo colore;

·         «riflesso», significa che il raggio esce dal punto in cui è entrato: lo sperimentatore usa un piolino bianco;

·         «assorbito», significa che il raggio non esce dalla scatola nera: lo sperimentatore usa un piolino nero.

Ottenuta la risposta, lo sperimentatore annuncia un altro numero, e così via; inoltre questi, sulla base dei piolini già presenti e formulando certe ipotesi, usa le biglie d’acciaio per costruire modelli sempre più approssimati della molecola (per esempio, invierà un raggio per accertarsi della posizione di un atomo o per controllare una certa porzione della griglia, ecc.), Il gioco termina quando lo sperimentatore ritiene di aver riprodotto esattamente la molecola; si esegue allora il confronto, si calcolano i punti e si ricomincia invertendo le parti.



PUNTEGGIO

Il punteggio si calcola in termini di penalità: allo sperimentatore vengono assegnati 1 punto per ogni piolino usato e, se del caso, 5 punti per ogni atomo collocato in posizione sbagliata. Vince chi, dopo un ugual numero di turni, ha conseguito il punteggio minore. Val la pena osservare che assorbimento e riflessione impegnano un solo piolino: di conseguenza chi ricostruisce la molecola usando molti piolini bianchi e/o neri è avvantaggiato nel punteggio. D’altro canto tale vantaggio può rivelarsi spesso solo apparente perché nel gioco i raggi riflessi e assorbiti forniscono molte meno informazioni di un raggio che esce dalla scatola nera.

TATTICA

Di tattica solo alcuni cenni. Vi accorgerete ben presto, ma ci tengo a dirlo, che il cammino di ogni raggio che esce dalla scatola nera è reversibile: cioè che rientrando dall’uscita, si ritorna al punto d’ingresso. I raggi che percorrono righe e colonne lungo il bordo della griglia, non possono subire deviazioni. Un raggio può subire diverse deviazioni e ciò crea situazioni particolari: un raggio non deviato, per esempio, esce in linea retta al punto opposto della griglia, ma il caso si verifica anche dopo una serie di deviazioni. Posso suggerire anche di provare un poco a vedere in che punto esce un raggio dopo aver compiuto un numero pari (o dispari) di deviazioni: il che, poi, non significa che gli atomi deviatori siano necessariamente in numero pari (o dispari). Da ultimo, come vedrete giocando, si possono costruire certi tranelli spettacolari (assorbimenti dopo deviazioni; riflessioni complicate; rimpalli di ogni tipo, ecc.) e anche «nascondere» un atomo, fare cioè in modo che non possa essere raggiunto da alcun raggio. In questo caso – bel caso da facoltà di teologia in Sorbona – l’esistenza dell’atomo dovrà necessariamente venir dedotta dalla sua assenza altrove.

Quando giocare con molecole di 4 atomi vi sembrerà troppo elementare, potrete far entrare in gioco il quinto. Se anche questo vi parrà insoddisfacente, vi restano due alternative: o passare a un altro gioco, oppure elaborarvi un Black Box tridimensionale. Io, con Miroslav, non sono arrivato a tanto, perché giocavamo con carta e matita e non ci curavamo del punteggio ma giocavamo a turno ciascuno con la propria griglia e curavamo molto il disegno della nostra molecola, arrivando a introdurre una griglia di 100 case e il quinto atomo.

Commenti

Post popolari in questo blog

NUVOLE DI DRAGO

IL DRAGO MANGIACOLORI

AL VENTO