CRISI D’IDENTITÀ
di Edoardo Galatola (Un genio. Lo è sempre stato.)
N.B. E'un racconto di pura fantasia in cui solo una
propensione maligna può riconoscere temi di attualità.
“Grazie dottore, le sono grato per avermi
trovato lo spazio per questo appuntamento.”
“Non deve ringraziare. Quando me lo ha
chiesto ho percepito una certa urgenza e il nostro compito è venire incontro
alle esigenze dei pazienti.”
“Mi spiace che abbia notato disagio, non ci
sono abituato.”
“Guardi che è normale. Abbiamo tutti dei momenti
depressivi e ce ne vergogniamo, ma riconoscerli è il primo passo per poterli
superare.”
“Sarà come dice lei, anche se ho i miei
dubbi, ma adesso cosa devo fare? Non ho mai partecipato a una seduta di analisi
e non so come comportarmi. Non sono neanche mai andato da un medico. Devo
parlare mentre lei sta zitto o devo rispondere a delle domande? Devo stare in
piedi o seduto? Oppure mi devo sdraiare su un lettino? Mi innervosisce non
avere il controllo. Chissà se ho fatto bene a venire. La prossima volta…”
“Calma, si rilassi! Sta prefigurando uno
scenario infernale! Può stare sdraiato o in piedi o come le pare. L’importante
è che sia il più naturale possibile. Sa cosa le dico? Se è così agitato è
meglio che ci sediamo entrambi. Chiacchieriamo. Deve sentirsi a suo agio. Le
assicuro che l’idea dell’analista che ascolta e resta muto è solo un luogo
comune. Pensi di trovarsi tra amici. Mi parli di lei, se e come vuole, della
sua famiglia, degli amici, del lavoro.”
“Facile a dirsi. Provo, forse la prendo un
po’ alla lontana. In principio era il verbo. Ma no, vede che anche questo
concetto non torna? In principio era il soggetto, il verbo viene dopo, lo sanno
tutti. Solo che lui doveva fare sempre di testa sua. Un despota. Ecco, mio
padre era un tiranno. Io, io, io. A sentirlo, aveva fatto tutto lui. Un
creativo, come gli piaceva descriversi. Ma guai a criticarlo. Si incazzava di
brutto. All’inizio andavamo d’amore e d’accordo e io ero bellissimo, un gran
figo. No, non faccia quell’espressione, lo so che non mi crede, da come mi vede
adesso. Ma allora portavo luce a chi mi guardava. E amavo alla follia mio
fratello, Michele. Che ha capito? Non c’era niente di male!”
“Si rilassi, gliel’ho detto. Io non giudico.
Fossi anche davanti al diavolo in persona, non farei una piega.”
“Buon per lei. Dov’ero rimasto? Ah, Michele,
un po’ androgino, a ben vedere, ma proprio un bravo ragazzo. Solo che, mentre
io ero un contestatore nato, lui è sempre stato conservatore nelle midolla.
Così, quando con un gruppo di amici fidati ho polemizzato apertamente con mio
Padre, lui mi ha voltato le spalle e lo ha aiutato a sbatterci tutti fuori di
casa. Da allora non li ho più sentiti, e dire che di anni ne sono passati.”
“Ma quindi il suo problema è il rapporto con
il genitore? Se è così è un classico.”
“No, non si tratta di questo. O almeno non
solo. Certo ho dovuto superare lo shock dell’abbandono, ma il problema era più
suo che mio. A me lo spirito d’iniziativa non è mai mancato. Ho messo su
un’impresa fiorente, insieme agli amici che mi avevano seguito. Gente in gamba,
teste pensanti, e io ero il capo. Ci siamo lanciati nel campo del 'Knowledge
management'. Fornivamo consulenze, piani aziendali. Il primo cliente è stata
una donna, giovane e curiosa. Eva, se la memoria non mi inganna. Le ho fornito
l’accessorio più cool che avevamo. Uno smartphone.”
“Che marca? Se lo ricorda?”
“Apple.”
“È vero, i primi i-phone erano fantastici.”
“Infatti. Però lei ha così insistito, che ho
dovuto procurarne uno anche a suo marito, e le SIM, a quei tempi, erano
introvabili. Pensavo di aver fatto un bel lavoro, ma quando l’ha saputo, mio
Padre è andato su tutte le furie. E ha fatto una cosa incomprensibile. Aveva il
monopolio delle cliniche, compresi i reparti di ostetricia; per ripicca ha
vietato dappertutto di praticare il parto epidurale! Uno spostato, ecco cosa
era.”
“E l’impresa, come l’avete chiamata?”
“Ho trovato io l’acronimo, il motto era: The
Higher the Expertise, the Lower the Lunacy! È così che ho registrato The HELL”
“Sa che me lo aspettavo? Scusi la curiosità,
ma lei veste Prada?”
“Sì, perché?”
“Semplice intuizione. Torniamo a noi e alla
sua ditta. Com’è andata?”
“Non mi posso lamentare. Abbiamo esordito
con pochi clienti selezionati, a partire dal primogenito di Eva, ma poi sono
aumentati in modo esponenziale e abbiamo iniziato a diversificare,
specializzandoci in servizi per la persona: finanza e prestiti, escort, alta
ristorazione, beauty farm, personal training, doping, riscossione crediti. Il marketing
li ha chiamati 'I sette servizi capitali'. Inoltre garantiamo vitto, alloggio e
'leisure' per i nostri ospiti, una volta pensionati. Va detto che mio padre,
mio fratello e i loro accoliti ci hanno sempre fatto una concorrenza spietata
con campagne pubblicitarie vergognose, al solo fine di denigrarci, ma i nostri
avventori, per lo più, ci sono sempre rimasti fedeli.”
“Mi scusi, ma dov’è il problema? Lei è a
capo di una impresa affermata con una clientela affezionata. Certo, ha avuto
qualche screzio familiare, ma chi non ce l’ha?”
“Lei la fa semplice. Non ho ancora
raccontato del disastro che ci è capitato e che ha distrutto la mia fiducia!
Andiamo con ordine, perché tutto ha avuto inizio senza che ce ne accorgessimo.
Un talent scout di valore, tempo addietro, ha fatto una visita guidata e ha
scritto una recensione che è diventata un vero best seller: La 'Divina Lonely
Planet', o qualcosa di simile. Ha diviso la nostra clientela per gusti e
preferenze, assegnando loro nomi di effetto come ignavi, lussuriosi, golosi,
avari, accidiosi, per parlare solo dei primi gironi. Una trovata pubblicitaria,
quella di esaltare i difetti, che ha davvero sfondato. Questo 'influencer'
dalla fantasia fervida ha però voluto esagerare e si è inventato che alcuni
speciali avventori come Frate Alberigo e Branca Doria ci avevano raggiunto
prima ancora di andare in pensione, sostituiti sul posto di lavoro dai miei
assistenti, poveri diavoli.”
“Brillante quell’Alighieri, non c’è che
dire!”
“Sì, la trovata era carina e non vi avevo
dato peso. Il fatto è che mio Padre, il Boss, se n’è invaghito e l’ha resa
effettiva. All’inizio non era un problema, ci occupavamo solo dei vip; i
clienti ci raggiungevano in anticipo e i miei assistenti si divertivano un
mondo nel loro corpo. I subentri di Gilles de Rais, Torquemada, e Pol Pot ne
hanno fatte di tutti i colori, ma il massimo lo ha realizzato uno dei
collaboratori più talentuosi quando ha preso il posto di quel tedesco coi
baffetti e una paresi al braccio. Andavamo verso la catastrofe e non lo
sapevamo.”
“Perché? Cosa è cambiato?”
“I nuovi mezzi di comunicazione. Oggi si sa
tutto di tutti e con le regole del Boss non possiamo più permetterci
sostituzioni mirate, perché ne andrebbe della nostra reputazione; dobbiamo
rilevare subito chi si macchia di colpe gravi, note a chiunque grazie a
Internet. Così sono andato in crisi di personale. Non ne avevo abbastanza per
avvicendare dittatori, capitani d’azienda, politici d’ogni dove. I luogotenenti
più fidati li ho impegnati all’istante e ho dovuto inviare anche le mezze
calzette. Il posto di quel palazzinaro americano con la parrucca color arancio
lo ha preso un collaboratore part-time con turbe infantili. Risultato? Prima ha
minacciato la guerra con la Corea del Nord, poi è andato a giocare a boccette
con il suo dittatore. Ha organizzato un colpo di stato e poi si è distratto
mentre era in corso.”
“Ecco perché non è scoppiata un’altra guerra
mondiale!”
“Sì, ma al peggio non c’è mai fine. Nella
mia impresa, per gestire miliardi di clienti residenti, non ho più un
assistente. Sono tutti impegnati con le rilevazioni. Ho dovuto organizzare un
servizio alternativo di controllo con i kapò, ovvero con una rappresentanza dei
clienti stessi! Una democrazia infernale. Con elezioni! Una peggiore
dell’altra. Dopo l’ultima si è formata una coalizione tra ignavi eretici e
violenti contro il prossimo seminatori di discordia; dopo non molto è fallita
perché il violento in capo ha chiesto pieni poteri. C’è stato un cambio al
vertice e gli ignavi eretici si sono alleati con il gruppo antagonista, i
violenti contro se stessi.”
“E poi cosa è successo?”
“Un’ultima, fatale, sostituzione. Un
politico toscano ne ha combinate così tante che me lo sono ritrovato in casa,
mentre il suo corpo l’ha preso l’ultimo assistente rimasto. Purtroppo si è
organizzato anche da me e ha creato un suo gruppo sottraendolo ai violenti
contro se stessi; ma così ha tradito gli amici e ha ottenuto un bonus tra i
seminatori di discordia. Uno Zelig. Non riusciamo più a catalogarlo. Tradisce
che è un piacere e ci ha reso la vita un inferno. Con quattro dannati in croce
ci ha portati all’anarchia; sembra che abbia rilasciato un’intervista dicendo
che mi vuole rottamare. Non sono più capace di farmi rispettare. Sono in crisi
d’identità.”
“Al contrario, ha fatto bene a parlarne, si
è tolto un peso.”
“Ma ho perso la leadership, non so come
venirne a capo! Ci vorrebbe un deus ex machina!”
“Addirittura! Ma di chi è la suoneria che si
sente? Un cellulare? Lo sa che è vietato durante la seduta?”
“Mi scusi, dove ho la testa? È vero. Ora lo
spengo. Ma che numero è? Uno? Chi ha il numero Uno? Pronto?”
“Ciao bischero, come stai?” la Voce è
profonda e squillante al tempo stesso.
“Tu? Padre? Ma non avevi detto che non mi
avresti mai più rivolto la parola?”
“Eh, se ne dicono tante. E poi so’ sempre il
tu Babbo. O’ dimmi, com’è andata costì col Fausto? Sei riuscito ad aprirti un
po’?”
“Sì, gli ho raccontato di…”
“Abbozzala, i’ so tutto. Per questo ti
chiamo. Il mi’ caro conterraneo, coi suoi tirapiedi, ha fatto danni anche qui.
Un gruppo apostata di Troni e Dominazioni vuol soccorrerlo costaggiù. Sta’
Sereno, m’han detto. Per contrappasso son nati i cielopiattisti, mentre una
fronda ateo-vegana manifesta sotto le insegne No God, No Cod. O’, pe’ far
casino il ragazzo l’è un portento!”
“E allora?”
“Maremma, stavolta lo freghiamo. Ti fo’ il
perdono divino, si fa il governo di unità sovrannaturale e lui non conta più
una mazza. Ci stai?”
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