Io e San Giorgio


Paolo Luporini

“Degno, San Giorgio (oh! con quest’occhi lassi il vedess’io) che innanzi a te ne l’armi, un popolo d’eroi vincente passi” 
(Libro II: San Giorgio di Donatello – Giosuè Carducci Rime Nuove 1906)

Il mio primo San Giorgio, che è un’uscita scout con attendamento che si svolge in un weekend vicino alla data del 23 aprile, il giorno in cui si celebra il santo che è una figura mitologica cristiana, simbolo della lotta tra la nuova religione e quelle pagane, simboleggiate dal drago, lo feci nel 1969 ai Casoni di Suvero. Le varie squadriglie raggiunsero il luogo del campo partendo da paesi differenti convergendo in tempi anche molto lontani l’una dall’altra. A noi Cervi toccò di partire da Rocchetta Vara. Era sera quando la corriera ci sbarcò ai piedi del paese. Il tempo era nuvoloso e minacciava tempesta. Alla luce delle torce Lorenzo Bellani, che è ora medico e opera nel basso Piemonte, il nostro caposquadriglia, ci radunò intorno alla cartina dell’Istituto Geografico Militare che lui prudentemente aveva aggiornato con la deviazione magnetica del 1969. La differenza del Nord magnetico era già molto diversa da quella della carta, che risaliva al 1936. E’ ovvio che anche molti dettagli erano cambiati e non erano annotati nella vecchia cartina. Subito dopo aver deciso la direzione da prendere, la strada che passava dal paese, iniziò a piovere forte. Iniziava la tempesta. Frettolosamente, chi l’aveva, tirò fuori da una tasca dello zaino Lafumà un poncho dell'esercito americano acquistato al mercatino militare di Livorno, dove ci procuravamo anche le bussole, le borracce e altro equipaggiamento per la marcia e il campeggio. I nostri zaini erano carichi dei vari pezzi della tenda di squadriglia, che era la bella Mottarone, che però aveva l’inconveniente che era composta di molti pezzi e aveva pesanti paletti. Il caposquadriglia, che tra noi era il più vecchio, portava il pezzo più pesante, il soprattelo; il vice caposquadriglia, Walter Biggi, uno scout che aveva la fissa del paramilitare, portava i paletti. A me, che ero di corporatura normale ma ero abbastanza forte, toccò uno dei due pezzi della tenda, che era divisa in due metà. L’altro pezzo era assegnato a uno scout appena arrivato, che non aveva ancora pronunciato la Promessa scout, un novizio. I picchetti e il pavimento li portava un altro che era di corporatura minuta. Zaini in spalla, su per la salita, lamentandoci della pioggia forte e del vento, camminammo per un po’, fino a quando, dopo alcune soste e distanziandoci un po’ per il passo forte di Walter, che era passato in testa e tirava la marcia ma tornava pure indietro per spronare l’ultimo, quello che portava l’altra metà, il novizio. Questo piede tenero era in difficoltà. Capimmo che non ‘sapeva’ camminare in montagna. Walter Biggi, con modi da sergente, gli insegnava la lunghezza del passo, il ritmo da tenere, la respirazione, tutto. Quello che per me era naturale, per quello era una lezione sconosciuta tutta da imparare. Walter, ispirato dalla recente visione del film di John Wayne “Berretti verdi”, quando il novizio sbagliava nella marcia, imprecava contro di lui con lo stesso stile dell’altro film sul Vietnam, che fu prodotto molto tempo dopo, “Full Metal Jacket”. Io penso che Kubrick si sia ispirato al nostro vice caposquadriglia. L’epiteto più delicato era “Scamorza!”, ma altri che mi ricordo erano “Mammoletta” e “Scarto della mamma”, che mi sembra già abbastanza grave. La Mammoletta si fece esperta e riuscì a non restare molto lontano dal penultimo della fila, anche perché Walter si era stancato di lui e si era rimesso di nuovo in testa. Lorenzo lasciava fare. La Scamorza faceva di tutto per restare al passo, per il timore che lo abbandonassimo e lo lasciassimo sulla strada da solo. Tutti noi invece sapevamo che senza la sua mezza tenda neppure noi avremmo dormito al riparo della tempesta, che continuava a infuriare. Ogni tanto si approfittava delle soste per farlo passare in testa mentre noi riposavamo. Però, così, lui non si riposava mai, perché, ripreso il cammino, presto lo superavamo di nuovo. Arrivammo a una pineta e il tempo si calmò. Non pioveva più. Non sapevamo ancora che eravamo quasi arrivati. Alla fine della pineta vedemmo le tende di tutte le altre squadriglie che erano già tutte arrivate. Molti dormivano già. Noi trovammo uno spiazzo vicino alla tenda di un’altra squadriglia che stava regolando i picchetti. Guardai l’orologio: erano le due di notte. Nemmeno a Capodanno ero stato mai così a lungo sveglio. E non era ancora finita, dovevamo ancora aprire gli zaini e tirar fuori l’attrezzatura della tenda. Il più piccolo di noi aveva resistito alla marcia ma era stanco ed io dovetti stendere per lui il pavimento e fissarlo con quattro picchetti agli angoli, con l’aiuto di Lorenzo, che non si limitava a dirigere ma ricopriva un po’ tutti i ruoli. Tirò fuori ogni energia per rianimarci anche a parole. Infatti, anche il novizio si mise a montare i paletti, a volte sbagliando. Erano pezzi che bisognava conoscerli. Non s’incastravano scambievolmente, bisognava rispettare una giusta sequenza. Walter c’insegnò e le volte successive neppure noi avremmo più sbagliato. Annodammo le molte asole delle due parti della tenda e le sovrapponemmo unite al colmo della traversa, retta insieme ai pali da due di noi. Fortuna che eravamo in cinque, la Mottarone è fatta per squadriglie numerose, in quattro non ci saremmo riusciti a montarla senza enormi difficoltà. Ci riposammo un attimo dopo aver fissato i picchetti indispensabili a tenere la tenda in piedi. Alla sveglia di Lorenzo riprendemmo il lavoro e montammo il sovrattelo. Lorenzo e Walter si divisero il controllo dei picchetti sui due lati. Credevamo si potesse tutti andare a dormire ma Walter voleva imporci di scavare una canaletta tutt’intorno alla tenda per raccogliere l’acqua e convogliarla, con la giusta pendenza, verso il punto più basso del terreno. Ci rifiutammo di compiere questa fatica supplementare, adducendo, oltre alla spossatezza che era giunta allo stremo, la speranza che non sarebbe più piovuto di nuovo, dopo lo sfogo della perturbazione. Nessuno di noi era un Bernacca, ma la discussione non durò molto perché Lorenzo entrò nella tenda e distese il suo sacco a pelo, anch’esso proveniente da Livorno, equipaggiamento dell’US Army. Walter, incazzato con il suo capo che lo contraddiceva con i fatti, disse, quasi urlando, “Se nessuno si vergogna di essere un pappamolla, vuol dire che la canaletta ve la scaverò io!!!”. Mentre tutti dormivamo della grossa, forse molto dopo le tre, vidi con un occhio semiaperto Walter che si accucciava nel suo sacco a pelo. All’alba, con un timido sole che lasciava sperare in una bellissima giornata, mi alzai per andare a pisciare e vidi che la canaletta era stata scavata perfettamente. Era molto profonda ma era incompleta. Dopo aver scavato meno di due lati dei quattro della tenda, perfino l’eroico Walter si era rassegnato ed era andato a dormire. Nessuno fece dello spirito su questo fatto e lui, mentre le altre squadriglie erano già tutte in piedi, ci svegliò cameratescamente con le sue urla, “Giù dalle brande!”, “Lavativi, dormiglioni, pigroni, ghiri, è giorno fatto!”. Ci scuoteva il sacco con noi dentro. Con le nostre proteste, Lorenzo si svegliò beatamente e ci disse che dovevamo lavarci, di andare subito alla fonte e, già che c’eravamo, di riempirci le borracce. Venne anche lui, per ultimo, lasciandoci comodamente il posto nella coda che era già affollata di altri scout degli altri gruppi. Per la prima volta incontrammo gli scout del gruppo di Levanto, con il fazzoletto blu con il bordo rosso. C’era il gruppo di Sarzana e c’era il Riparto Mizar del nostro stesso gruppo, fraternizzammo con loro e con gli squadriglieri dei Lupi e dei Leoni, del nostro stesso Riparto, il Nord Ovest. Nei Lupi c’era Riccardo Tronfi, il mio amico dei tempi del cortile sotto casa mia, dei giochi d’infanzia. Era lui che mi aveva fatto iscrivere nell’ASCI[1]. Lui ci si era iscritto perché secondo la sua mamma era ‘snob’. Io imparai che era un’esperienza forte, esaltante ma anche dura e anche se ci partecipavano figli di classi elevate o della media borghesia, ci capitavano pure figli di operai e impiegati com’ero io e com’era lui. Il clima era fraterno e, a parte Walter, non c’era bullismo. Ma Walter era fatto così! I capi respiravano il clima del sessantotto che era appena passato da un anno. Seguivano gli eventi e ci educavano al senso critico e compirono nella nostra associazione, che era solo maschile, la rivoluzione più grande: iniziarono nello scoutismo la sperimentazione della Coeducazione, con le prime attività insieme alle guide dell’AGI[2], che erano ragazze affidate alle loro cape, che spesso erano le fidanzate dei nostri capi. Nell’anno scout successivo a questo San Giorgio ai Casoni di Suvero io non partecipai al San Giorgio. Non stavo bene e lo saltai. Non ho finito di dirvi che ai Casoni, per la stanchezza, ero come in trance nel giorno della domenica e alla fine della giornata mi trascinai a casa senza ricordi degli accadimenti, buttandomi a letto vestito e dormendo per tutta la mattinata del lunedì, con l'assenza dal liceo giustificata dai miei genitori. Al campo estivo del 1969, a Passo del Bocco, avemmo un incontro con il vicino analogo campo delle guide dell'omologo gruppo AGI. Fu una piacevole novità e un bel ricordo. Alla ripresa delle attività, nell'autunno e in tutti i mesi successivi si fecero molte riunioni di Riparto in sede e uscite miste insieme al Riparto Stella Maris femminile. L’intento coeducativo intrapreso culminò nel San Giorgio misto di Piana Battolla, nel 1970; fu il primo della nostra provincia spezzina. Si svolse a Piana Battolla, in un grande spiazzo al lato destro del fiume Vara che si raggiungeva con una bella camminata su una carrareccia che iniziava da un lato del ponte che divide Piana Battolla da Madrignano. Noi maschi le guardavamo e nascevano reciproche simpatie o cotte senza corrispondenza. Per molti di noi furono i primi innamoramenti e per qualcuno il primo contatto con ragazze. Eravamo tutti un po’ imbranati ma qualcuno era più smaliziato. Anche tra le nostre guide dei due riparti (c’era anche quello di Mazzetta, il “Luca 8,16”) ce n’era qualcuna più intraprendente che, per andare incontro agli intenti coeducativi dei rispettivi capi, ne infrangeva i divieti, invitandoci a visitare la propria tenda. Fu così che passammo parte della notte chiacchierando, tra risolini e risate soffocate. Noi maschi, rispettosamente, a una cert’ora della notte togliemmo il disturbo congedandoci con la richiesta del bacino della buonanotte che per qualcuno fu concesso per qualcun altro scherzosamente negato. Anche quel tipo di rifiuto andava bene. Ringalluzziti e felici tornavamo alle nostre tende e non riuscivamo a prendere sonno perché uno di noi chiedeva agli altri le impressioni a caldo: “Tu dici che ad Annalisa io piaccio?”, “Secondo voi Rita è troppo grande per me?”, “E se chiedessi a Manuela se ci mettiamo insieme?”.
Dormimmo poco anche a quel San Giorgio, per motivi molto diversi da quello del 1969, ma stavolta il primo che aprì lo zip di questa nuova tenda (non avevamo portato la pesante Mottarone) vide, nella nebbiolina di un’alba umida, un daino davanti a noi. Una visione. Per noi, abituati alla natura dei luoghi della nostra provincia, fu come aver visto un unicorno. Un daino dalle nostre parti era parimenti leggendario. Noi già svegli (alcuni ancora dormivano) scambiammo i nostri sguardi con quello del daino che ci osservava con curiosità. Per far durare quell’incontro restammo in assoluto silenzio. Quando il daino si fece un’impressione su di noi, strane creature, considerandoci innocue presenze viventi, si voltò lentamente da un lato e iniziò un altrettanto lento addio per noi che ci sporgevamo fuori dalla tenda per seguirlo con gli occhi. Quel daino fu per noi, diversamente che per il drago che San Giorgio uccise, un rifar pace con la Natura, sempre offesa da presenze non innocue per i suoi figli. Un approccio a una religione che adora la vita in ogni sua forma.

“Lo Scout vede nella natura l'opera di Dio, e ama piante e animali”.
Legge Associazione Scouts Cattolici Italiani (ASCI)

1 - Associazione Scouts Cattolici Italiani
2 - Associazione Guide Italiane

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