MARINE SPEZZINE

- Stefano Sarti -

Spesso le scelte che si fanno nella politica quotidiana (e parlo in questo caso di scelte dell’Autorità di Sistema Portuale della Spezia e dell’amministrazione comunale spezzina) rimandano a ricordi di un passato sul quale non abbiamo mai riflettuto fino in fondo. 

Mi riferisco alla decisione di cancellare una Marina storica come quella del Canaletto (che è, anzi, era - a 'sto punto - , tutto quello che rimane degli anni passati quando Spezia aveva il suo mare).

Oggi con un accordo tra l’Autorità di Sistema Portuale e la società Lsct, gruppo Contship, praticamente la Marina di Canaletto non esiste più.

Non starò qui a ricordare le battaglie che dalla fine degli anni '90 si sono protratte fino ai giorni d’oggi, battaglie che contrapponevano, e per certi versi contrappongono ancora oggi, chi vorrebbe uno sviluppo abnorme delle attività portuali con grandi tombamenti  del mare (quasi 200.000 metri quadrati di superficie marina sottratta) e conseguenti attività di scarico e movimentazione di merci e containers in quartieri come Canaletto e Fossamastra che sono praticamente attaccati a queste attività e che però erano preesistenti ad esse, a chi invece vuole lo stesso uno sviluppo delle attività economiche, ma con un forte senso del limite territoriale ed ambientale.

Si è, cioè, deciso di subordinare la vivibilità urbana ad alcuni interessi, non dicendolo mai con chiarezza così limpida, però. Sempre parlando di integrazione Porto/Città.

Erano preesistenti al Porto anche attività che consentivano alla città di avere vere e proprie spiagge, stabilimenti balneari, questo naturalmente molti molti anni fa, infatti è stato tutto perso. 

Di tutto erano rimaste solamente le attività di rimessaggio collocate nella marina di Canaletto e nella marina di Fossamastra. Con mille contraddizioni, perché i concessionari di queste marine non aprivano certo le stesse alla fruizione pubblica! Ma erano comunque spazi, alcuni dei quali dati in concessione a società e circoli e quindi con dei soci, con una platea di persone abbastanza ampia e comunque con attività di una certa tradizione e di un certo interesse sociale. 

Ritornando a quando La Spezia aveva il suo mare, una domanda retorica che dobbiamo porci oggi è: perché adesso non esiste un centimetro che sia uno che possa consentire ai cittadini spezzini (e non solo a loro) di fruire del proprio  mare e questo non solo come passeggiatori del molo Italia e della passeggiata Morin (cosa peraltro già molto importante di per sé)? 

È vero che qualche spazio è tornato indietro, ad esempio a Cadimare, ma rimane l’annosa questione del rapporto di Marola con il suo mare, di cui gli amici dei Murati Vivi credo scriveranno in questo stesso blog prossimamente.

E allora qui gli interrogativi e dubbi sulle reali capacità dei decisori politici (e mi riferisco sempre al Comune della Spezia e all'autorità di sistema Portuale ma non solo a loro, penso a Regione, parlamentari e Governo) di avere una visione autonoma del territorio e non legata agli interessi economici che fanno e disfano le scelte a loro piacimento!

Le istituzioni subiscono tutto questo. Certo,  la questione non è legata solo all’espansione abnorme in questo golfo delle attività attuali, che poi sono essenzialmente attività di movimentazione container con una ricaduta e un valore aggiunto per la città estremamente basso rispetto agli investimenti che smuovono, anche in termini occupazionali. 

È anche legata, come succede oggi, all’espandersi del business delle crociere! Per l’amor di Dio, questo è un tipo di attività che va anche studiata bene e non contrastato come mera petizione di principio, ma anche qui perché dobbiamo sempre pensare al territorio come una cosa da sfruttare: facciamo pure entrare queste crociere nel Golfo, ci mancherebbe,  ma progettare, come si sta facendo ora,  nuovi pennelli e nuovi moli di approdo per farci stare anche 4 navi contemporaneamente, questa, se permettete, è una follia. Anche con tutte le banchine elettrificate di questo mondo!


Decidiamo qual è la capacità di carico del Golfo anche per questo tipo di traffici!

Ritornando al discorso iniziale, è vero che la capacità di fruizione di un territorio (in questo caso stiamo parlando del mare) non è legata solo a questi progetti (che di fatto privatizzano il mare), è legata anche alla qualità degli interventi delle amministrazioni e delle società partecipate dalle amministrazioni stesse. Uno dei nodi, come sempre, è quello della depurazione e della qualità delle acque che bagnano il nostro golfo. I Sindaci che si susseguono promettono di fare il bagno alla passeggiata Morin, ma quelli che lo fanno davvero sono gli equipaggi di chi vince il Palio del Golfo!

E poi gli scarichi industriali, i cantieri, la presenza della base della Marina Militare, le discariche in collina e sul mare (il campo in ferro della Marina è tutt’altro che bonificato).

Dobbiamo tornare a una visione d'insieme, sistemica, del Golfo. E lo dobbiamo fare adesso, anche se alcune scelte sembrano ormai irreversibili, come quelle delle Marine. 

Ma forse non è  così. Abbiamo un Golfo da bonificare, attività che sono incompatibili con una vera sicurezza dei cittadini (la Snam è lì a dimostrarlo e adesso vogliono far percorrere il Golfo in continuazione da bettoline con a bordo serbatoi di GNL). Che faremo delle aree non più strategiche della Marina?

Come depureremo bene tutti gli scarichi, civili e industriali, e quando faremo il bagno alla Morin? (Non sto scherzando, o forse sì!)

Sono interrogativi che troveranno risposta solo in una visione d'insieme.

Che la politica ha rinunciato, da decenni, a perseguire.

Ce ne dovremo far carico noi cittadini, noi forze organizzate, noi Associazioni ambientaliste? Compito immane ed enorme. 

Di sicuro noi dobbiamo sollevare il problema e farlo diventare senso comune.

Chi raccoglie la sfida?


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