Non si scende, ci si butta!

Non si scende, ci si butta

5 aprile 2021

 

Stamattina ho sognato che stavo facendo un viaggio in torpedone. Preso posto sulla corriera, con mia moglie a fianco, mi godevo il panorama dal finestrino sin dalla partenza. Il paesaggio si fece monotono e mi buttai sul mio smartphone esaminando le numerose notifiche di Facebook. Mi venne un’ispirazione per un post di quelli lunghi e interessantissimi che di solito posto. Ero talmente assorto dalla scrittura che non mi accorsi che il pullman si era fermato. Con un rapido sguardo vidi una piazza e capii che eravamo arrivati. Gli altri cominciarono a scendere, chiassosamente. Calcolai che avrei fatto a tempo a terminare il mio post in tempo per scendere con loro per ultimo. Mia moglie scese con gli altri, quando trovò la corsia libera. Io indugiavo. Non mi accorsi che tutti erano scesi e l’autista era ripartito. Pubblicai soddisfatto il post e sollevai lo sguardo. Il pullman aveva la porta aperta su una galleria formata sotto le case. Mi c’infilai velocemente ma non mi rendevo conto di dove mi trovavo. Un dedalo di caruggi con diramazioni sconosciute. Mi diressi per una stradina che scendeva verso il basso. A un certo punto mi trovai all’aperto. Vedevo una scogliera sulla destra con gradoni molto alti. In basso il mare calmo e gruppetti di persone che si attardavano, probabilmente decise a restarvi a lungo. Una mamma si occupava del suo bambino recalcitrante che non voleva essere cambiato. Pensai che i gradoni mi avrebbero consentito di scendere anch’io al mare, dimentico del gruppo con il quale ero partito. Scesi i gradoni più facili ma ne trovai uno più alto. Con un salto mi trovai su quello più in basso che era ancora più alto. Saltai giù anche da quello ma il gradone ancora più sotto non riuscivo a vederlo. C’era il baratro. Detti fiato alla voce con un richiamo di aiuto a un uomo in riva al mare. “Aiuto! Come si scende?”

E lui: “Non si scende, ci si butta!”

Sgomento, mi voltai e vidi che sarebbe stato impervio per me risalire i gradoni dai quali mi ero stupidamente buttato, grasso come sono e per nulla allenato. Un intervento con l’elicottero era escluso, per via della ripida parete a destra. Solo dei rocciatori del gruppo di soccorso alpino avrebbero potuto salvarmi. Prima ancora di formulare una richiesta di soccorso mi svegliai. È brutto trovarsi in un sogno senza via d’uscita. L’unica fuga è svegliarsi. È lo stesso che mi è successo in ospedale recentemente. Senza respiro, credetti di non salvarmi, impossibilitato persino a chiedere aiuto. So che mi risvegliai e respiravo. Non so cosa sia successo in questo intervallo. E se tutta la vita precedente quell’attimo decisivo fosse stata un sogno dal quale sono fuggito?

Da questo sogno ho capito che ogni scelta, anche quella di non fare nulla, è un buttarsi nel vuoto. 

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