È MORTO!


È MORTO!
Paolo Luporini
14 maggio 2023

Un po' prima del novembre 2022 ho cominciato a notare che procedeva inclinato da un lato. Accorgendosi di questo suo problema, eccedeva correggendo, inclinandosi dal lato opposto, ma poi cedeva procedendo inclinato dal lato dominante, il destro. Prevedevo una sua fine precoce, sapendo che quando questi poveretti fanno così, gli manca poco da vivere, se non incorrono in infortuni sempre possibili. Era un mio pesce dell'acquario, ed era di colori molto belli, un pesce rosso con pinne morbide e flessuose, di colore porpora e magenta, molto mobili come vele che sbattevano secondo i voleri del vento e, per lui, per gli impulsi che provocava attraversando i 100 litri del volume d'acqua a sua disposizione per disegnare circonvoluzioni acrobatiche come un ubriaco che sembra cadere, si raddrizza e pende ancora, biascicando parole smozzicate o imprecando contro il destino e gli dei che lo portavano all'alcol e alla debolezza delle gambe, alla perdita dell'equilibrio che fa invece condurre alle persone normali una vita retta lungo percorsi segnati dagli antichi avi. Questo pesce lo davo per morto per Natale. Mi stupì arrivando a Carnevale, mentre a Pasqua pensai che sarebbe campato ancora molto a lungo. È arrivato alla Festa della Mamma ed ha intristito lei e mio figlio al quale dissi di fargli il funerale. Un funerale domestico. Non nell'organico, ma in mare, attraversando i tubi  scaricando lo sciacquone del water. Un funerale di un re antico, senza una zattera, verso Avalon. Toccò invece a me cekebrarlo come un druido, bardato nel mio pigiama, pescandone le spoglie rese biancastre dalla morte, con un pietoso retino. Mio figlio non volle assistere. Mentre ne versavo le carni fredde nell'alveo del sifone, recitavo le parole: "Ritorna alla Natura, essere di Luce!". Sarebbero le parole che mi piacerebbe sapere, come una promessa del figlio, che sarebbero pronunciate quando toccasse a me, tra poco forse, o tra una o due decine d'anni, chissà! Il funerale che immaginavo, lo spargimento delle mie ceneri al largo del Tino, lo considero oggi molto deliziosamente romantico, ma ecologicamente dispendioso per l'ambiente. Gasolio, il lavoro di un paio di marinai e del comandante del vaporetto, la perdita di una giornata d lavoro o di riposo da parte di una trentina tra parenti ed amici affranti, il fumo del fumaiolo, le lacrime, i pianti, la commozione degli astanti mentre mio figlio verserà il sacco con la polvere che un tempo fui io, e poi la pace del "TUTTO si è compiuto!". Il ritorno, con altro spreco di gasolio, nel silenzio rotto dalle grida dei gabbiani e dai giri di un motore tamburellante... L'attracco, la distribuzione del mio ultimo libro, i placidi e affettuosi sorrisi squisitamente malinconici che hanno costruito una comunità con quel tipo di esperienza comune, ripetibile forse con attori diversi, con identico rito. No, vorrei come il povero di Assisi, nudo nella terra, tornare presto nel ciclo della Natura, mangiato dai vermi. Non si può, è vietato! Non mi spiego la ragione, se non considerando il business di Taffo, il cimiteriale, le ingenti spese di un funerale. Seppellire i morti, una opera di misericordia, molto lucrosa per le pompe funebri, i becchini, il Municipio, i fiorai. Così, per me, mai! Vorrei sparire con l'avarizia della socialità, in una fossa comune della mia umanità. "Ritorna alla Natura, essere di Luce!".  Mi raccomando, ricordatevi!


Nella foto: La presunta tomba del re unno. Il luogo della sepoltura di Attila rimane per ora un mistero. Lo storico Prisco racconta che il re degli Unni è stato seppellito sotto quello che un tempo era il letto di un fiume e che gli schiavi che scavarono la fossa furono poi uccisi, affinché non rivelassero il reale luogo di sepoltura del corpo ma soprattutto dei suoi grandi tesori.

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