LA MOGLIE DI BABBO NATALE


Che scherzo! 
 E se poi venisse davvero? 
Se a quell’ora precisa mentre la nebbia oppure la pioggia nera oppure comunque le caligini il fetido l’incubo nero della notte sopra la pianura dell’umidità e dell’espansione economica l’arcipelago delle luminarie sempre più denso verso il centro specialmente i cinema i bar le stazioni di servizio e poi nel cuore della città la massima concentrazione di luci di lusso di soldi di gioia di vizio se nei palazzi cascine falansteri attraverso le illusioni e i misteri, lui davvero venisse? 
Che scherzo pericoloso, eh? 
 Perché dicono dicono ma non ci crede più nessuno. 
Il proprietario del magazzino famoso di articoli da regalo non ci crede, e ne ride bonario con le clienti in visone anche il negoziante di giocattoli sollevato dall’andamento straordinario degli affari nonostante la recessione. 
 Non ci crede il capofamiglia né lo scapolo né il coniugato
né il vecchio zio né la figlia, neppure la mamma sebbene tenendoli sulle ginocchia abbia dettato ai bambini le lettere col presepio e il bordo dorato destinazione Paradiso in franchigia, senza riflettere al rischio della mistificazione. 
 Non ci crede neanche don Saverio il buon prevosto della parrocchia non basta infatti la fede per prendere veramente sul serio questa antica superstizione. 
 E neppure ci credono i bambini che avrebbero sufficiente ingenuità voglia di miracoli, di fantasia di mostri, di favole, ma ci fu quel sorriso speciale della mamma così ambiguo e allora nacque in loro l’ipocrisia per la prima volta, con la paura tipicamente italiana di passare per cretini. 
 Neanche loro dunque ci credono più che alla mezzanotte del ventiquattro, carico di regali in carte d’oro e d’argento fra un grande sbattere d’ali (ci saranno anche gli angeli, no?)
arriva il Bambino Gesù. 
 E se invece venisse per davvero? 
Se la preghiera, la letterina, il desiderio espresso così, più che altro per gioco venisse preso sul serio? 
Se il regno della fiaba e del mistero si avverasse? Se accanto al fuoco al mattino si trovassero i doni la bambola il revolver il treno il micio l’orsacchiotto il leone che nessuno di voi ha comperati? 
Se la vostra bella sicurezza nella scienza e nella dea ragione andasse a carte quarantotto? 
Con imperdonabile leggerezza forse troppo ci siamo fidati. 
 E se sul serio venisse? 
Silenzio! O Gesù Bambino per favore cammina piano nell’attraversare il salotto Guai se tu svegli i ragazzi, che disastro sarebbe per noi così colti così intelligenti brevettati miscredenti noi che ci crediamo chissà cosa coi nostri atomi coi nostri razzi. 
Fa’ piano, Bambino, se puoi. 
 Dino Buzzati (1964)


LA MOGLIE DI BABBO NATALE 
Racconto di Paolo Luporini (21 dicembre 2025)  

La Signora Claus 
Era il giorno di Santa Lucia e Santa Claus disse alla moglie che doveva presenziare alla festa della santa degli occhi che, come sua concorrente nel dono ai bambini, doveva onorare ma senza smancerie né grandi concessioni di merito. La santa aveva visto, negli anni, molto sminuita la sua fama ed era ormai una santa ‘di nicchia’, che solo pochi conoscono e rispettano. Il suo – parla Santa Claus - era arrivato ad essere un semplice ruolo di mera rappresentanza. Un pomeriggio, qualche ora, ma Santa Claus doveva prepararsi un discorso. La signora Claus, che non è stata mai menzionata per nome, e alla quale non è mai stato reso il merito né la giusta importanza, sapeva che quel discorso era un incarico per lei, perché Santa mal sopportava gli incarichi impegnativi del suo ruolo. Lasciava molto volentieri le incombenze burocratiche alla moglie, sebbene non desse importanza a questi aspetti molto necessari, come l’esame della posta, le letterine di Natale con le richieste dei bimbi, la corrispondenza con i genitori, i nonni, gli zii, gli amici e le amiche. Il Mac-Job del discorso di prammatica toccava a lei, ma c’erano da sbrigare i moltissimi ordini, i piani di lavoro degli elfi, le fatture, i permessi, il pagamento del bollo della slitta, una lettera ai fornitori per la biada delle renne, del muschio dei presepi, degli artigiani di Piedigrotta per le statuine, le PEC ai Re Magi per avvisarli del passaggio della cometa, con le scansioni di Google Maps della Grotta di Betlemme, una mole incredibile di lavoro per rispettare le scadenze ed in più si doveva occupare del cenone della Vigilia, di cui non aveva ancora pensato il menù.


Tanto per aggravare la situazione, Santa Claus era diventato antispecista, e, per non discriminare le altre specie animali, era diventato vegano. Il menù sarebbe stato molto severo, quel Natale 2024! Niente panna nel pandoro, ma nemmeno burro né uova, perciò: Niente pandoro, niente panettone! Il tuorlo d’uovo ha una funzione importantissima nella preparazione del panettone, svolge un ruolo cruciale nella formazione e strutturazione della pasta. La sua attività di emulsionare l'acqua nell'impasto è fondamentale per conferire alla mollica quella consistenza spugnosa che rende il panettone unico nel suo genere. Chissà quanto sarebbe durata questa mania? Per la sua educazione, per aver sempre permesso al marito d’imporle le scelte della famiglia, dell’azienda, lei si sarebbe adeguata. Mai che lui le avesse fatto fare un giro notturno sulla slitta, mai che l’avesse lasciata portare le renne in volo per una visitina alla signora Befana. 
No, aveva sempre maldigerito il ruolo subalterno. Desiderava tanto scendere da un camino e spiare il sonno di quei bambini assaporando con l’immaginazione il loro rapido risveglio, avendo dormito nell’attesa di scartare i doni che avrebbero trovato sotto l’albero o ai piedi del presepe o davanti al camino acceso. Le era sempre stato negato il piacere di sentire le loro grida entusiastiche nello scoprire proprio il dono che avevano desiderato per tutto l’anno. Santa, certo, le aveva confessato che quel grande piacere che provava un tempo, molti anni fa, da quando i corrieri Amazon lo avevano sostituito per quasi tutto l’anno, senza una data precisa, ma più intensamente nei lunghi giorni dei Black Friday, neppure lui provava più quella grande soddisfazione, perché quei bimbi, le bimbe, i ragazzi, erano in gran parte assuefatti ai regali ed erano i loro stessi genitori che gli avevano sottratto quelle attese, la sorpresa, la gioia del Natale e dei suoi doni. Un piacere, un desiderio subito rapidamente soddisfatto, alla lunga uccide il Natale. Beh, per la Signora Claus, niente di tutto questo, solo dovere e muto appagamento di un servizio muto e responsabile nel contribuire, relegata al margine, alla Necessità di quella magia che è il Natale, quella che è rimasta. Così preparò quel discorso, sbrigò la posta, provvide agli ordini dei materiali, firmò i progetti degli elfi ingegneri e designer, organizzò il lavoro della fabbrica del Natale e delle elfe sarte, istruì gli elfi operai, indicò i compiti dei magazzinieri, degli spedizionieri, che ammucchiarono tutti quei giocattoli, i vestitini, le bambole, le costruzioni, le casette di quelle bambole, nei grandi capannoni del Magazzino Spedizioni, in attesa dell’ora X, la Mezzanotte Santa, in cui il tempo si sarebbe magicamente fermato, come aveva intuito il fisico Albert Einstein, che ne aveva carpito il mistero, concependo astrattamente la sua Teoria della Relatività, che spiegava come in un istante minuscolo Santa Claus potesse consegnare tutti i regali di tutti i bambini e bambine del mondo intero, senza che la lancetta dei minuti si muovesse. 
Ma torniamo a quel tredici dicembre. Santa Claus ebbe il suo discorso, che cominciava così, come tutti quelli degli anni precedenti: “Fin dai tempi della prima pietra… “, e proseguiva per altre tredici pagine. La Signora Claus sapeva che già all’inizio della seconda pagina Santa, affaticato nella vista, si sarebbe tolto rapidamente gli occhiali, avrebbe detto che non ci vedeva tanto bene, avrebbe raccontato in modo buffo quella vecchissima barzelletta sulla lumaca che, dall’oculista, si scusò che non poteva guardare il pannello con le lettere più piccole perché… “aveva lasciato gli occhiali a casa!”. Santa avrebbe suscitato le risa di quei bambini mimando una grassa risata: 
“Oh! Oh!”. E tutti… avrebbero riso! Era un simpaticone, Santa! Però… lei se lo sentiva che c’era un però… era anche un po’ una canaglia. Non si sentiva rispettata, lei, non abbastanza. Lui non lasciava che il merito e l’importanza di sua moglie venissero riconosciuti. Si ricordò che, da giovane, doveva aver letto qualche pagina dal libro di una certa Mary Wollstonecraft, qualcosa che accennava ai diritti (considerati anacronistici al suo tempo) delle donne, che non ne avevano nessuno. Le loro mansioni erano tutte relazionate al piacere agli uomini e al piacere degli uomini.


La sua educazione era stata quella. A quell’antico schema si era sempre regolata, adeguata. Il mondo delle donne, però, era da tempo cambiato. Da un po’ più di un secolo. Quasi un niente, rispetto a quell’istante della Mezzanotte Santa in cui tutto succedeva. Però, per le donne, c’erano stati notevoli passi, forse non abbastanza. Doveva ancora crescere, il rispetto, e l’emancipazione e la parità non erano completate. Lei stessa non ne aveva usufruito per nulla. Quel tredici dicembre Santa Lucia, da donna emancipata, emerse, agli occhi di quel nucleo di bambine, ragazze e giovinette con una corona di candele sulla testa, con la sua longilinea statura, un riflesso di quella sua statura morale, e fece un discorso pacatamente femminista, che lei, la Signora Claus, ascoltò in diretta sul Canale YouTube @santalucia e con quell’ascolto si convinse che quella giovanissima santa era un esempio per tutte. Per tutte le donne. Donne che avrebbero dovuto rimboccarsi le maniche e ritagliarsi una realizzazione personale di successo proprio come fanno gli uomini, ma con un loro tocco femminile al quale non rinunciare: quello della Cura, dell’Amore, che avrebbero dovuto diventare le Leggi vincenti dello stare bene al mondo, con un senso, uno scopo di vita più pregno e gratificato di felicità di quello che hanno sempre inseguito gli uomini, la Forza, il Dominio, il Guadagno.

Santa Claus, Pablo Picasso (1959)

Santa Claus intendeva smarcarsi da tutto il gran lavoro dell’Avvento del Natale, della Grande Fabbrica degli elfi, dei magazzini. Sbirciava il Calendario dell’Avvento (mangiandosi i cioccolatini!) ed aveva cerchiato la data del 15 dicembre che corrispondeva alla sua partenza per la vacanza esotica alle Hawaii prima del ritorno al piacevole dovere della Vigilia, della Mezzanotte Santa e della frenetica maratona mondiale della consegna dei doni. Arrivò la notte del 14, il trolley leggero con il costume da bagno e le ciabatte infradito, le creme solari, la Settimana Enigmistica, era pronto. Diede un bacio della buona notte alla moglie che ticchettava sulla tastiera del PC e cliccava con il mouse tra ordini e fatture. La lasciò al lavoro e si lasciò andare al sonno del giusto. 
Verso le cinque del mattino diede la sveglia alle renne, le rifornì del carburante di biada, strofinò loro il manto con della paglia asciutta e poi con una spazzola dura che a loro faceva piacere. Parlò loro in un orecchio, chiamandole per nome. Le sue otto renne: Ballerina, Cometa, Cupido, Donato, Donnola, Freccia, Fulmine, Saltarello (in inglese: Dasher, Dancer, Prancer, Vixen, Comet, Cupid, Donder e Blitzen). Quando arrivò all’ultima si schiarì la voce e ciucciò una caramella all’eucalipto, salì sulla slitta con le renne tutte bardate dei loro finimenti, raccolse nella mano destra le redini e, con un suo solo comando, un “Oh Oh!” più forte e deciso, fece impennare la slitta dietro al tiro eccezionale che lo fece decollare rapidamente fuori dal suo hangar. La notte era fresca ed il cielo era limpido, al Polo Nord. Sorvolando l’Islanda stava per riprendere sonno, ma il borbottìo fragoroso di un geyser là sotto lo destò giusto in tempo per schivare la scopa volante della Befana che sopraggiungeva da Sud, che era alla sua sinistra. Santa imprecò contro quella scriteriata che non gli aveva dato la precedenza e le urlò dietro qualcosa di brutto brutto brutto. Lei, con la scopa a razzo, era già oltre l’orizzonte e non poteva certo sentirlo. Le otto renne registrarono queste poche parole: “Che ti porti! L’Epifania, che ti porti via!”. Era una cosa molto brutta da dire, per Babbo Natale! Scosso da quel brutto precedente, non si era accorto che aveva bruscamente fatto cabrare la slitta che andava così pericolosamente a sbattere contro i cavi di una funivia che saliva sulle pendici di un vulcano che aveva una debole attività. Cercò di passarvi al di sotto, con un secco ordine alle prime renne del tiro a otto, ma già le seconde due si sbucciarono le corna contro un cavo ed urlarono di dolore. Subito dopo, lo schianto! La slitta era finita in un lago di acqua calda che fu per le renne una cura termale come a Saturnia. Santa Claus fece buon viso a cattivo gioco e, vedendo che la slitta aveva avuto solo un piccolo danno ad uno dei pattini, estrasse dal trolley il suo costume da bagno prenatalizio rosso con disegnati rametti ed aghi di pino sempreverdi, foglie e bacche di vischio dorate, baite innevate e pupazzi di neve. 
Lo indossò facendosi schermo con il pastrano tenuto aperto perché non lo vedessero le renne spaparanzate a mollo nell’acqua calda, ci si tuffò anche lui e dopo poche bracciate tornò alla slitta, rinvigorito dal contrasto con l’aria gelida frizzante. Cercò il suo cellulare, un modernissimo iPhone resistente all’acqua e agli urti, digitò il PIN: 25.12.2024. Ogni anno lo cambiava, per sicurezza, ma di fatto cambiavano solo una o due cifre a destra. Impostò il numero del Servizio SCI (Slitta Club Islandese), digitando correttamente il prefisso internazionale +354 e attese. Una voce femminile molto cortese registrata in islandese, lingua che Santa Claus intendeva alla perfezione, rispose che il servizio non era al momento attivo, per l’orario antelucano. Pregava di attendere per non rinunciare alla priorità acquisita. Mise il Viva Voce al massimo volume e si rituffò, placando una baruffa tra tre delle sue renne che si schizzavano di acqua calda per scherzo, irritando Fulmine (Donner) che stava con la coda a mollo placidamente sdraiata con le zampe anteriori fuori dall’acqua. Un’ora così fu anche troppo, ma i reumatismi erano per il momento placati. Santa si rivestì e le renne uscirono dall’acqua calda, con gli zoccoli segnati dalla prolungata permanenza a bagnomaria. Il cellulare taceva, ma alle 7:30 in punto, ora locale, una voce maschile chiese gentilmente come poteva essere utile. Babbo Natale disse in islandese la posizione precisa secondo le coordinate geografiche e allora l’assistente del Servizio Clienti SCI disse che era vicinissimo al paese di Rangárþing Eystra, e Santa Claus disse che ci era stato per una consegna l’anno precedente, il 25 dicembre. Laconicamente, l’operatore avvisò Babbo Natale che Una Slitta Attrezzi sarebbe arrivata in circa venti minuti. Arrivò il tecnico che fece un preventivo seduta stante. Non era caro. Santa Claus firmò l’ordine di Assistenza e la sua Slitta fu caricata da una Slittagru e portata nell’officina di Rangárþing Eystra, dove Babbo Natale aspettò per il tempo della riparazione sorseggiando da una grolla di grappa insieme a delle bellezze locali molto mattiniere che, come le donne friulane, avevano questa abitudine di scolarsi grappini molto prima delle nove. Finirono per cantare vecchi folk islandesi. Santa era nel suo, abbracciato a queste tre bionde, ma il lavoro era ultimato e si doveva ripartire. Decollo, sorvolo dell’Atlantico, coste americane, California, rotta Honolulu. Si alzò una strana nebbia sul Pacifico e così decise di costeggiare la costa occidentale del Messico. Gli venne appetito e si ricordò di una posada dove si potevano mangiare dei tacos piccantissimi davvero saporiti. Era per lui una tentazione che sarebbe stata certo dannosa per la sua ulcera, ma si disse che una volta l’anno si poteva fare. 
La posada si chiamava “La Calavera Catrina” in onore del famoso disegno di José Guadalupe Posada Aguilar, un disegnatore messicano che nacque il 2 febbraio 1852 e creava caricature come questa che dileggiavano i ricchi borghesi, in questo caso una signora dell’aristocrazia messicana, esprimendo un messaggio che ricorda a tutti noi che non importa chi e come siamo, ricchi o poveri, bianchi o neri, perché la morte è qualcosa che accomuna tutti.

“La Calavera Catrina”

I suoi disegni incitarono il movimento popolare insurrezionale contro la dittatura di Porfirio Diaz, che fu da lui dileggiato accostandolo a disegni di morti. Il suo lavoro di grafica si alternava a quello di politico celebrando anche i leader rivoluzionari Emiliano Zapata e Francisco Madero. Dopo di lui sono stati in molti gli artisti che hanno ammesso di essere stati fortemente influenzati da Posada, fra cui Diego Rivera, Frida Kahlo, Rufino Tamayo, Jose Clemente Orozco e altri grandi artisti messicani. Erano tutte cose che Santa Claus conosceva molto bene, perché c’era anche lui, in quei fatti. Era però emigrato in Canada, quando era ancora disoccupato e viveva di caccia, prima di essere assunto in pianta stabile dalla Coca Cola. Era molto prima del suo matrimonio con quella santa donna, la Signora Claus.


Già, la signora Claus! Mentre era seduto di fronte ad una bottiglia panciuta di aguardiente con un manico ad anello, rivestita di un intreccio vegetale per renderla infrangibile, dopo qualche bicchierino e un paio di tacos, il cellulare squillò ed era lei. Gli strillò che gli elfi, in combutta con le sarte, avevano indetto uno sciopero per una vertenza sindacale mirante alla parità di stipendi e a una diminuzione dei ritmi e dell’orario di lavoro. Santa bofonchiò che non si era mai vista una cosa simile! Uno sciopero! Che diamine! Adocchiando delle locuste fritte, chiuse la telefonata intercontinentale su WhatsApp ordinandole che se la sbrigasse lei, quella grana! Lui era in ferie! 
Lei guardò una loro foto incorniciata in argento che aveva di lui sulla scrivania, campeggiante tra un mucchio di carte, a fianco del PC. Lui era in divisa estiva, nell’emisfero australe, a Maui, e lei pensò che mentre lui era là ad ammirare forse qualche ballo Hula ed ascoltare l’ukulele, lei era alle prese con una possibile occupazione della Grande Fabbrica del Natale. Le consegne dei regali non potevano essere ritardate! Era molto ingiusta la disparità dei sessi, dei diritti e dei doveri, tra maschi e femmine.


Un messicano ubriaco, un commensale di Santa Claus nella posada, si era risvegliato (male) dalla siesta indotta dalla tequila e stava litigando con l’ostessa meticcia. A un certo punto aveva fatto volare posate, piatto e bicchiere, che sfortunatamente era di metallo (se fosse stato di vetro sarebbe stato pure peggio) e quel boccale fi nì proprio sull’occhio sinistro di Santa, che lanciò, da poliglotta qual era, una forte ingiuria alla santa madre di quell’avventore con la sbornia furiosa. 
Ne nacque una colluttazione che fu subita da Santa, un ottimo bersaglio per i pugni a raffica e, finito tra le gambe del tavolo, con la testa riparata da una sedia che si era rovesciata, ricevette parecchi calci che andarono tutti a segno. Una radiografia di uno studio medico di un dottore cubano profugo dal regime di Fidel Castro evidenziò che il malleolo sinistro era fratturato ed era urgente un suo rapido ricovero per un gesso che comprendesse anche il piede, ed era escluso che potesse ripartire con la sua slitta. Avrebbe dovuto togliersi il gesso dopo un mese, compromettendo il Natale di tutti i bambini del mondo. Disperato, chiamo la moglie perché lo togliesse d’impaccio da quella enorme grana cosmica. Era un fatto altrettanto grave quanto quello del momento del Natale 2020, quando si era dovuto far sostituire dai corrieri Amazon, costretto a letto dal COVID-19. La Signora Claus chiamò per telefono Mister Winston Wolf, quello che risolve ogni tipo di problemi. Sì, quello che guida una Maserati (“alla guida sono una scheggia”), l’amico di Marcellus Wallace. Gli espresse dettagliatamente tutti gli aspetti di quel grave problema e lui le chiese a quale soluzione lei avesse pensato. La Signora Claus gli disse l’unica frase diretta di questo racconto, che non ha dialoghi: “Non dovrebbe essere lei a risolvere i problemi?”. Lui, anziché risponderle, tornò a chiederle se non avesse una preferenza sulla soluzione da scegliere, quale sarebbe stata gratificante per lei? Lei soppesò la risposta e disse, ringraziando, che ci avrebbe pensato ancora una volta lei. Lui si congedò dicendole che preferiva un pagamento diretto con un bonifico su un conto criptato di una banca delle Isole Barbados. Lei lo fece immediatamente, e organizzò la PRIMA CONSEGNA DI DONI DELLA SIGNORA CLAUS.


Signora Claus: “Ora, Santa, abbi cura tu dei bambini! Baderò io stessa alla distribuzione dei giocattoli!”


La notte del 24 dicembre 2024, all’ora X delle 00:00, il tempo si sarebbe ancora una volta fermato, ma a beneficio della prima volta femminile del Santo Natale. La moglie di Babbo Natale inforcò la bicicletta carica di doni e stavolta li consegnò come un garzone del giornale con perfetti lanci sullo zerbino delle porte delle case, sugli usci dei tuguri, sulle bocche dei tucul di paglia. Avrebbe trovato degli amichevoli passaggi, verso le isole e verso tutti i continenti circondati dagli oceani, dalle amiche balene scortate dai servizievoli delfini. 
Buon Natale!   – THAT’S ALL FOLKS! –






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